Negli ultimi mesi nelle scuole
italiane vi è stato un ulteriore nuovo fermento per
l'applicazione di una nuova direttiva ministeriale sui BES,
approvata già nel 2012.
Ma cosa sono questi BES?
Con la sigla BES si fa riferimento ai
Bisogni Educativi Speciali e, in modo particolare, a
tutti quegli alunni che presentano delle difficoltà che
richiedono interventi individualizzati.
Il termine “speciale”, soprattutto quando si parla
di disabilità, potrebbe far pensare a qualcosa di diverso dal
solito, che “devia” dalla norma, che si allontana dalla così
detta “normalità”, e per questo motivo riconducibile a qualcosa
di negativo, che ha bisogno di sostegno, a qualcosa che non pare
essere perfetto e che presenta sempre qualche aspetto
deficitario.
Considerando il rovescio della
medaglia, potremmo, però, reputare “speciale” tutto ciò che ha
bisogno di competenze e risorse migliori, più efficaci, speciali
appunto. Continuando il ragionamento in questa direzione e
rifacendoci alle parole di Dario Ianes, i normali bisogni
educativi che tutti gli alunni hanno (bisogno di sviluppare
competenze, bisogno di appartenenza, di identità, di
accettazione ecc.) si “arricchiscono” nella persona disabile o
con difficoltà di apprendimento, di qualcosa di particolare, di
speciale.
Avere Bisogni Educativi Speciali
significa essere in una situazione di difficoltà e ricorrere ad
un intervento mirato, personalizzato.
Visto da questa angolatura i BES
rappresentano una nuova strategia di approccio nei processi
educativi, benchè - e lo sottolineamo- nella scuola
pubblica , primaria e dell'infanzia- da sempre gli insegnanti
hanno operato diversificando e personalizzando i percorsi, i
ritmi ed i livelli di apprendimento in modo da non escludere
"nessun bambino" dal processo di formazione ed educazione.
Ma quali sono gli alunni cui
applicare le nuove direttive sui BES?
Gli alunni con Bisogni Educativi
Speciali vivono una situazione particolare, che li ostacola
nell’apprendimento e nello sviluppo: questa situazione negativa
può essere a livello organico, biologico, oppure familiare,
sociale, ambientale, contestuale o in combinazioni di queste.
Un alunno con Bisogni Educativi
Speciali può avere una lesione cerebrale grave, o la sindrome di
Down, o una lieve disfunzionalità cerebrale e percettiva, o
gravi conflitti familiari, o background sociale e culturale
diverso o deprivato, reazioni emotive e/o comportamentali
disturbate, ecc.
Queste (e altre) situazioni causano direttamente o
indirettamente, difficoltà, ostacoli o rallentamenti nei
processi di apprendimento che dovrebbero svolgersi nei vari
contesti. Queste difficoltà possono
essere globali e pervasive (come nell’autismo) oppure più
specifiche (ad esempio nella dislessia), settoriali (ad esempio
disturbi del linguaggio, disturbi psicologici d’ansia, ...);
gravi o leggere, permanenti o transitorie.
In questi casi i normali bisogni
educativi che tutti gli alunni hanno (bisogno di sviluppare
competenze, bisogno di appartenenza, di identità, di
valorizzazione, di accettazione, ...) si «arricchiscono»
di qualcosa di particolare, di «speciale» nel loro
funzionamento. Il loro bisogno normale di sviluppare competenze
di autonomia, ad esempio, è complicato dal fatto che possono
esserci deficit motori, cognitivi, oppure difficoltà familiari
nel vivere positivamente l’autonomia e la crescita, e così via.
Definire, cercare e riconoscere i
Bisogni Educativi Speciali non significa «fabbricare» alunni
diversi per poi emarginarli o discriminarli in qualche modo,
anche nuovo e sottile. Significa invece rendersi bene conto
delle varie difficoltà, grandi e piccole, per sapervi
rispondere in modo adeguato.
Non farlo, quello sì che sarebbe
discriminante, sarebbe incuria. Come è discriminante doversi per
forza sottoporre a una diagnosi medica per
ottenere qualche risorsa in più.
Invece «Bisogni Educativi Speciali» non è un’etichetta
discriminante perché è amplissima, non fa riferimento solo ad
alcuni tipi di cause e non è stabile nel tempo: la si può
togliere, infatti, in alcuni casi. Si potrebbe dire che ogni
bambino può incontrare nella sua vita una situazione che gli
crea Bisogni Educativi Speciali; dunque è una condizione che ci
riguarda tutti e a cui siamo tenuti a rispondere in modo
adeguato e individualizzato.
Gli alunni con Bisogni Educativi Speciali hanno infatti
necessità di interventi tagliati accuratamente su misura della
loro situazione di difficoltà e dei fattori che la originano.
Questi interventi possono essere ovviamente i più vari nelle
modalità, nelle professionalità coinvolte, nella durata, nel
grado di «mimetizzazione» all’interno delle normali attività
scolastiche (in questo caso si parla di «speciale normalità»:
una normalità educativa-didattica resa più ricca, più efficace
attraverso le misure prese per rispondere ai Bisogni Educativi
Speciali).
In alcuni casi questa individualizzazione prenderà la forma di
un formale Piano educativo individualizzato, in
altri sarà, ad esempio, una «semplice» e informale serie di
delicatezze e attenzioni psicologiche rispetto a una situazione
familiare difficile, in altri ancora potrà essere uno specifico
intervento psico-educativo nel caso di
comportamenti problematici, e così via.
I Bisogni Educativi Speciali sono dunque molti e diversi: una
scuola davvero inclusiva dovrebbe essere in grado di leggerli
tutti (individuando così il reale «fabbisogno» di risorse
aggiuntive) e su questa base generare la dotazione di risorse
adeguata a dare le risposte necessarie.
Come si deve muovere, allora, la Scuola?
Quali sono i "nuovi" compiti a cui i maestri sono chiamati?
Quale deve essere e come si deve esplicare l'interazione tra
SCUOLA E FAMIGLIA ed altri Enti educativi e Formativi?
Nei prossimi articoli cercheremo di dare alcune risposte a
queste domande.