se ne parla

BES : COSA FARE?

 

 

Nel precedente articolo abbiamo parlato di cosa sono i Bisogni Educativi Speciali (BES) e quali sono i bambini cui si fa riferimento. (cfr.bes_1.htm)

Vediamo ora cosa la Scuola può fare per rendere più facile il percorso di apprendimento per questi bambini in difficoltà temporanea.

A questi allievi, di norma, non è assegnato un insegnante di sostegno, ma loro richiedono a tutti noi e alla scuola una capacità di risposta calibrata e specifica che esige, tra l’altro, competenze psicopedagogiche e didattiche, organizzazione, lavoro di rete interno ed esterno alle istituzioni, capacità di analisi, risorse, mediatori, sostegni, tecnologie, spazi, ….

L’offerta formativa della scuola deve prevedere, nella quotidianità delle azioni da compiere, degli interventi da adottare e dei progetti da realizzare, la possibilità di dare risposte diverse ad esigenze educative differenti ; in tal senso, la presenza di alunni disabili o in difficoltà non è un incidente di percorso, un’emergenza da presidiare, ma un evento per il quale il sistema si riorganizza avendo già previsto, al

suo interno, forme di flessibilità e adattamenti in grado di rispondere alle varie domande educative.

Per rispondere meglio alle esigenze dei bambini con BES la scuola si attiva innanzitutto attraverso una rilevazione sistematica per evidenziare in modo univoco le tipologie di difficoltà che gli alunni possono avere, poiché l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni:

  •  svantaggio sociale e culturale,

  • disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici,

  • difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.

Quest’area dello svantaggio scolastico, che comprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali e in essa vi sono comprese tre grandi sotto-categorie:

1. disabilità;

2. disturbi evolutivi specifici (per “disturbi evolutivi specifici” intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, i disturbi dell’attenzione e dell’iperattività, …. Tutte queste differenti problematiche non vengono o possono non venir certificate e conseguentemente non danno diritto alle misure previste dalla legge quadro, come ad esempio la presenza del’insegnante per il sostegno.

3. svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

La nuova direttiva di legge, perciò, rappresenta un punto di svolta poiché apre un diverso canale di cura educativa, concretizzando i principi di personalizzazione dei percorsi di studio, nella prospettiva della “presa in carico” dell’alunno con BES da parte di ciascun docente curricolare e di tutto il team di docenti coinvolto.

 

Partendo da queste considerazioni ne deriva la necessità di elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per gli alunni con bisogni educativi speciali, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.

Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative (di questo ne parleremo più avanti)

 Tutte le figure della scuola sono perciò chiamate in causa nella gestione dei bambini con BES.

 

Il Dirigente Scolastico procede all’assegnazione delle insegnanti curriculari e di sostegno e garantisce la continuità rispetto all’assegnazione dei docenti; gestisce le risorse orarie valutando le reali esigenze di ogni singolo caso; promuove progetti di integrazione e dialoga con le famiglie e le insegnanti al fine di trovare soluzioni, chiarimenti e confronti al fine di migliorare i processi educativi e di integrazione.

Gli Insegnanti (curriculari e di sostegno) adattano la programmazione creando momenti di coinvolgimento adeguati alle esigenze degli alunni in difficoltà; creano un clima di cooperazione e responsabilità; partecipano alla costruzione del PEP e agli incontri dei gruppi di lavoro; partecipano alla stesura di tutti i documenti e progetti per l’integrazione.

Pertanto fondamentale per un buon insegnante risultano: l’osservazione dei bisogni e delle capacità degli allievi, la definizione dei contenuti, l’articolazione degli obiettivi e l’individuazione dei nodi disciplinari significativi e problematici dal punto di vista dell’apprendimento. Da questa riflessione deriva inoltre la capacità di ricorrere a diverse strategie d’insegnamento, di esaminare criticamente gli strumenti didattici e di fornire modalità di valutazione chiare e trasparenti.

I collaboratori scolastici garantiscono la sorveglianza di base; facilitano l’accesso ai servizi, l’igiene e la pulizia per gli alunni in difficoltà; sorvegliano ed intervengono in caso di necessità.

LA FAMIGLIA fornisce notizie sull’alunno; gestisce con la scuola le situazioni problematiche; condivide con la scuola il processo di apprendimento dell’alunno; compartecipa alla costruzione e realizzazione del “progetto di vita” e del PEI

Dovrebbero esserci anche gli Operatori Sanitari che devono collaborare con la scuola e la famiglia nelle la stesura del PDF e del PEP; seguono gli alunni nelle terapie di recupero; elaborano con la scuola strategie di intervento EDUCATIVA; affiancano e supportano l’alunno nelle varie attività didattiche ed educative; progettano percorsi volti all’autonomia, curando l’area della motricità e le autonomie di base.

 

Si può facilmente capire quanto sia complessa ed articolata questa prima fase di partenza per la attuazione della nuova normativa.

Molto del lavoro, ovviamente, ricadrà sugli insegnanti con un aggravio delle responsabilità (siamo certi , fin da ora, che mancherà il raccordo con gli operatori sanitari, in quanto la Asl non se ne farà carico!) e di lavoro (ovviamente senza compenso aggiuntivo, poiché –come sempre nella scuola- ogni innovazione deve essere fatta a costo zero!)

Tuttavia siamo disposti, come insegnanti, a sobbarcarci anche questo ulteriore carico, solo con la finalità di migliorare i processi di apprendimento e di integrazione degli alunni, poiché la scuola pubblica non può e non deve mai lasciar alcun bambino in situazione di svantaggio rispetto agli altri, ma a tutti deve fornire le medesime possibilità di crescita culturale  e di realizzarsi nella vita.

Strategie di lavoro

 

Nella pratica quotidiana i bambini con Bes hanno diritto alla possibilità di avere strumenti compensativi e misure dispensative.

Gli strumenti compensativi sono tutti quegli strumenti che rendono più agevole un compito che altrimenti richiederebbe molto sforzo all’alunno, facendogli perdere di vista il risultato finale.

Ad esempio un bambino disgrafico, concentrandosi sulle scrittura delle singole lettere, “dimentica” il pensiero che sta articolando, per cui l’uso del computer facilita il suo lavoro. Un bambino discalculico non memorizzerà “mai” le tabelline, pur conoscendo il meccanismo operativo della moltiplicazione e divisione. Insistere nel fargli fare i calcoli manualmente significa impedirgli di trovare la soluzione finale ad un problema. Allora è meglio dotarlo di una calcolatrice e far in modo che si sviluppi il pensiero logico.

Le misure dispensative sono ad esempio la dispensa dalla lettura ad alta voce e le attività ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, ecc., alcune attività in lingua straniera,…. In pratica si dispensano gli alunni da quelle attività in cui emergerebbero in modo netto le loro difficoltà espressive, e questo farebbe perdere la loro autostima e li isolerebbe dal contesto sociale della classe.

  

 È compito del team dei docenti indicare in quali casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative.

Una ulteriore strategia didattica è la “costruzione di gruppi cooperativi” (molto applicata nella nostra classe)In pratica, tutte le volte che è possibile, i bambini lavorano aiutandosi a vicenda e scambiandosi informazioni utili allo svolgimento del proprio lavoro.

Detto così sembra cosa facile, ma non lo è affatto. Insegnare ai bambini a cooperare, a rispettare le idee degli altri, a far emergere e far rispettare i propri punti di vista è una tecnica che porta via tempo, ma soprattutto per i primi anni richiede un enorme controllo da parte degli insegnanti.

 

Ma della tecnica di cooperazione ne parleremo in una altra occasione.

 

 

Per approfondire potete scaricare QUI questo testo: BES: Quaderno Loescher