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Come isole galleggianti:

 

la didattica delle scienze nella società “liquida

di Patrizia Davit,  Ph.D. Dipartimento di Chimica (Torino)

Negli ultimi anni la confusione tra apprendimenti (conoscenze, concetti e abilità) e competenze (capacità di richiamare apprendimenti e risorse altre per risolvere problemi aperti) pare essersi accentuata tanto da far riemergere l’annosa questione delle due velocità che regolano o complicano il rapporto tra scuola e società.

I cambiamenti sempre più rapidi cui siamo sottoposti influenzano necessariamente il processo di costruzione della personalità stessa dei bambini. Questo implica una responsabilità sempre maggiore da parte degli adulti impegnati nella relazione educativa di cui è fondamentale individuare e comprendere i nuovi bisogni.

 Siamo convinti che occorra puntare su educazione e formazione invece che sull’istruzione: questa, infatti, univocamente intesa come progressione lineare e successione continua di proposte correlate da relazioni di propedeuticità (approccio sistematico alle discipline), si scontra con la complessità e la fluidità della vita attuale.

Stress, consumismo ossessivo, paura sociale e individuale, città alienanti, legami fragili e mutevoli: il mondo in cui viviamo sfoggia una fisionomia sempre più effimera e incerta. È liquido.

Una società può essere definita liquido-moderna se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo. Sospinta dall'orrore della scadenza, la società liquida deve modernizzarsi o soccombere. E chi la abita deve correre con tutte le proprie forze per restare nella stessa posizione. La posta in gioco di questa gara contro il tempo è la salvezza (temporanea) dall'esclusione.

D’altra parte, anche ammesso che l’istruzione possa avere un senso, la scuola non può esaurirsi in questa, visto che mentre ci si dedica all’istruzione dei futuri cittadini è la stessa società a cambiare. La società cambia e lo fa tanto rapidamente che le nostre stesse istruzioni risultano essere funzionali a qualcosa che non c’è già più: il 14-15% dei bambini europei ha una mente dotata di stile immaginativo (pensa per immagini) invece che verbalizzante (pensa per parole) e nei paesi anglofoni le statistiche salgono al 27-30%

Questo quadro ci impone di considerare il sapere stesso come qualcosa di “mobile” e di “adattabile” ed è per questo che non possiamo più permetterci di ridurlo ai soli apprendimenti lineari che la scuola ancora ampiamente propone.

Se sapere deriva da “sapore”, è chiaro che per trasformarsi in patrimonio assimilato gli apprendimenti debbono essere attraversati dal gusto e dal piacere che solo l’esperienza di un contesto “vissuto” può conferire loro. Ne viene che se il vissuto dei nostri bambini è differente da quello che la scuola immagina, la scuola non può restare ferma, ma deve trovare modalità e strumenti per co-evolvere col mondo che la circonda perchè il mondo è comunque rivolto ad un futuro di cui i bambini sono ambasciatori e profeti o, se si vuole “portatori sani”.

 

Commenti dell’insegnante

 

L’articolo che vi propongo mi ha incuriosito in primo luogo perché inizialmente ho pensato ad argomenti scientifici, ma poi mi sono resa conto che aveva risvolti sociologici e la ricerca era orientata a capire come considerano i bambini la scuola, l’articolo poi arriva alla conclusione che noi insegnanti a volte siamo distanti dai bambini, anni luce. Intanto c’è da fare una considerazione molto importante: non è possibile nel nostro insegnamento ignorare il contesto in cui vivono i nostri alunni, portatori di individualità e problematiche di ogni tipo compresa la passione per la tecnologia e le sue attrattive. Un sapere ripetitivo e con scarsi agganci alla realtà, minaccia di rendere fallimentare il nostro lavoro. Allora dovremmo riconsiderare il nostro fare scuola in un mondo che è percepito come fluido mutevole e non solido. Un continuo reinventarsi la capacità di insegnare che non è un dato acquisito una volta per tutte, ma un continuo rinnovarsi ed adeguarsi agli alunni che si hanno in classe, un seguire i loro tempi ed i loro interessi, un fare scuola dinamico dove l’insegnamento e la lezione, preparate a casa con tanto amore, possono subire delle modifiche e dei cambiamenti nel momento stesso in cui vengono proposte, perché magari gli alunni con le loro domande e curiosità impellenti, hanno stravolto radicalmente…la lezioncina del giorno!