Manifesto sui diritti naturali di bimbe e bimbi
1 - IL
DIRITTO ALL’OZIO, cioè a vivere momenti di tempo non programmato dagli
adulti
2 - IL DIRITTO A SPORCARSI, cioè a giocare con la sabbia, la terra,
l’erba, le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti
3 - IL DIRITTO AGLI ODORI, cioè a percepire il gusto degli odori,
riconoscere i profumi offerti dalla natura
4 - IL DIRITTO AL DIALOGO, cioè ad ascoltatore e poter prendere la
parola, interloquire e dialogare
5 - IL DIRITTO ALL’USO DELLE MANI, cioè a piantare chiodi, segare e
raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare
corde,accendere un fuoco
6 - IL DIRITTO AD UN BUON INIZIO , cioè a mangiare cibi sani fin
dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura
7 - IL DIRITTO ALLA STRADA, cioè a giocare in piazza liberamente, a
camminare per le strade
8 - IL DIRITTO AL SELVAGGIO, cioè a costruire un rifugio-gioco nei
boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui
arrampicarsi
9 - IL DIRITTO AL SILENZIO, cioè ad ascoltare il soffio del vento,
il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua
10 - IL DIRITTO ALLE SFUMATURE, cioè a vedere il sorgere del sole e
il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle
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"la cosa più importante nella vita è
vedere con gli occhi di un bambino"
Einstein
Il manifesto
dei diritti naturali dei bimbi e delle bimbe, pur essendo rivolto al
mondo dei "piccoli", interroga soprattutto noi "grandi". Siamo noi
adulti ad essere - infatti - interpellati da queste riflessioni. Siamo
noi che dobbiamo prendere coscienza di ciò che rischiamo di non offrire
all'infanzia, e quindi, indirettamente, di derubare ai bambini e alle
bambini. Uso l'espressione "derubare" proprio perché ritengo che il
rischio del furto ci sia. È il furto di opportunità, di esperienze, di
competenze di occasioni che "o si vivono nei primi anni di vita" oppure
rischiamo di "perderle per sempre". Quando, in questi ultimi tempi, mi
sono ritrovato a riflettere e a discutere sul problema dei diritti dei
bambini e delle bambine (sono trascorsi quarant'anni dalla Dichiarazione
internazionale dei diritti del fanciullo e appena dieci dalla
Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia) ho cercato - prima
di tutto - di mettermi nei loro panni: quelli dei bambini e delle
bambine. Credo infatti che sia indispensabile cercare di fare una
operazione di memoria, ripensare, cioè al tempo della nostra infanzia.
Si tratta in altre parole di ripensarci piccoli, ripensare a quando
"…noi eravamo bambini e bambine". Per poter riuscire in questo, è bene
farsi poche ma precise domande: cosa amavamo fare? con chi giocavamo?
dove ci piaceva giocare? quali erano i nostri giochi e giocattoli
preferiti? quali erano i nostri diritti? chi ce li garantiva? avevamo
coscienza dei nostri diritti o era un fatto del tutto naturale? A
partire dalle risposte che personalmente mi sono dato, confortato dal
lavoro diretto con i bambini per più di 20 anni e aiutato dalla opinione
di centinaia di mamme, babbi, insegnanti, educatori ed animatori, ho
cercato di semplificare le esigenze fondamentali dei bambini e delle
bambine definendoli "diritti naturali". Per noi erano - forse -del tutto
scontati. Oggi - però - non lo sono per i bambini e le bambine che
vivono nelle nostre regioni, nelle città e nei paesi del Nord del mondo.
Se oggi dovessimo riscrivere la Carta internazionale dei diritti
dell'infanzia, sicuramente io aggiungerei anche questi diritti fra
quelli che ormai sono considerati i diritti fondamentali. Ritengo
infatti che questi siano dei veri e propri "diritti naturali" dei
bambini e delle bambine.
1. Il diritto al tempo
Siamo nell'epoca in cui tutto è programmato, curriculato,
informatizzato. Ai bambini e alle bambine offriamo praticamente una
settimana programmata nei minimi dettagli. Spesso le loro iter
scolastici, le loro carriere, sono praticamente predefiniti da noi
adulti. Non c'è spazio per l'ozio, l'imprevisto, l'auto-organizzazione
infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati. Non c'è,
da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti
autogestiti. È ingiusto pensare al tempo dei bambini e delle bambine
esclusivamente come un tempo di preparazione a "quando saranno adulti,
con un loro lavoro"? È importante la meta, ma è altrettanto importante
il "cammino" che si fa per giungere a quel traguardo. L'infanzia va
vissuta in quanto tale e non solo come periodo di preparazione all'età
matura. Si tratta perciò di imparare a "camminare" sapendo che
educazione è anche "fare strada insieme", attenti a ciò che ci viene
incontro in maniera imprevista. E forse, come afferma il Piccolo
Principe, capiremo che "l'essenziale è invisibile agli occhi". E'
indispensabile, per noi grandi, prendere coscienza che il tempo del
gioco, il tempo dell'ozio, il tempo del "non far niente insieme agli
amici" è importante. E tutto questo anche senza la presenza di noi
adulti. I bambini e le bambine hanno bisogno di scoprire da soli quelle
che sono le regole dello stare insieme, del giocare nello stesso luogo.
Solo così matureranno e faranno proprie le "regole fondamentali di
convivenza". Saranno regole, a quel punto, acquisite naturalmente nella
coscienza personale e non imposte dagli altri, dall'adulto, dall'alto.
2. Il diritto a sporcarsi
L'epoca attuale è quella del look, delle cartelle firmate, delle riviste
di moda e dei negozi di abbigliamento per l'infanzia, dei bambini col
cellulare. Ma il nostro è anche il tempo del "non ti sporcare", "stai
attento", "ma cosa mi hai combinato?!". Credo che i bimbi e le bimbe
abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali: la
sabbia, la terra, l'erba, le foglie, i sassi, i rametti, la neve,
l'acqua,... Quanta gioia c'è, nei bambini e nelle bambine, quando
pastrocchiano in una pozzanghera o in un cumulo di sabbia o di neve.
Però queste, a detta degli esperti, rischiano di essere attività poco
igieniche. Nulla si dice sulla poca igienicità di una moquette, delle
paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano e manipolano i
bambini e le bambine soprattutto nelle scuole. Proviamo ad osservare
attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi
organizzati oppure quando siamo in un boschetto o su un prato. Sarà
interessante scoprire che un bimbo o una bimba sono capaci di giocare
per ore con le poche cose trovate per terra, le foglie d'erba, un po' di
sabbia, alcuni bastoncini o ciottoli. Sono sufficienti uno spazio
all'aria aperta, qualche semplice oggetto che l'ambiente naturale ci
regala, un po' d'acqua e... un clima sereno. In questa semplicità emerge
un grande messaggio educativo per i mondo di noi adulti: i bimbi e le
bimbe ci insegnano che non hanno bisogno di giochi e giocattoli
complicati ed elaborati, ma che si accontentano delle piccole e semplici
cose che la natura di offre, in un clima sereno e accogliente.
3. Il diritto agli odori
Oggi il rischio è quello di mettere tutto "sotto vuoto". Nel percorrere
le nostre città e i nostri paesi è difficile poter distinguere luoghi
tipici, percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa. Pensiamo alla
bottega del fornaio, all'officina del meccanico delle biciclette, al
calzolaio, al falegname, alla farmacia. Questi luoghi emanavano odori
speciali, di cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre. Oggi
entrare in una scuola (chi non ricorda l'odore del primo giorno di
scuola), in un ospedale, in un supermercato o in una chiesa spesso
significa respirare ed annusare lo stesso odore di detergente. Non ci
sono più differenze. Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le
diversità olfattive. Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di
terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere
entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe
selvatiche? Sono sensazioni che dal naso passano direttamente al
cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra
infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i
profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno
lungo la nostra esistenza. Non possiamo derubare il mondo dell'infanzia
di questa grande opportunità: il diritto al proprio naso.
4. Il diritto a prendere la parola
Dobbiamo constatare sempre di più la triste realtà di un sistema di
comunicazione e di informazione "unidirezionale". Da una parte la TV, i
giornali, i mass-media, dall'altra gli ascoltatori, i telespettatori che
subiscono passivamente. Siamo al monologo. Un tempo si poteva entrare
tranquillamente nelle case e si poteva chiacchierare al caldo del camino
o della stufa. Oggi al centro non c'è più il fuoco, ma la televisone e,
possibilmente, sempre in funzione. Si mangia, si gioca, si lavora, si
accolgono gli amici "a televisione accesa". Un calcolo matematico
(approssimato e per difetto) ci dice che se un bambino o una bambina
seguono la TV per 2 ore al giorno, moltiplicato per circa 360 giorni
all'anno, abbiamo un totale di 720 ore. Se dividiamo per le 24, cioè le
ore di un giorno, otteniamo 30. Trenta giorni, cioè un mese ininterrotto
(24 ore al dì) di televisione all'anno. E questo non è certo dialogo.
Con la televisione non si "prende la parola". Cosa diversa è il
raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno
spettacolo di burattini. In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore
può prendere la parola, interloquire, dialogare.
5. Il diritto a saper usare le mani
La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato.
L'industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti "usa e getta", che
non possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli
industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano
dell'apporto creativo della manualità del bambino o della bambina. Oggi,
poi, anziché i calcio-balilla, nelle sale giochi o nei circoli
ricreativi, ci si abitua al video-gioco. E nel contempo mancano le
occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la
manualità fine. Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano
piantare chiodi, segare, raspare, scartavetrare, incollare... anche
perché è difficile incontrare adulti che vanno in ferramenta a comprare
i regali ai propri figli. Quello dell'uso delle mani è uno dei diritti
più disattesi nella nostra società post-industriale e rischiamo di avere
bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer, ma
incapaci di usare un martello o un paio di pinze.
6. Il diritto ad un buon inizio
Qui mi riferisco alla problematica dell'inquinamento. L'acqua non è più
pura come cantava San Francesco, l'aria è intrisa di pulviscoli di ogni
genere. Non meravigliamoci, perciò, della esplosione delle allergie, che
colpiscono oggigiorno una buona percentuale di popolazione. La terra è
fecondata dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato
dello sviluppo e del progresso. Eppure in quel "tornare indietro" che
molti di noi hanno vissuto fra il 1973 e il 1974, con la famosa
"austerity", abbiamo ritrovato il gusto della città, lo stare insieme in
maniera conviviale, divertente, spensierata, senza l'assillo
dell'automobile e del tempo. È questo che spesso i bimbi e le bimbe ci
chiedono. Da qui l'importanza dell'attenzione a quello che "fin da
piccoli si mangia", "si beve" e si respira.
7. Il diritto alla strada
La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto. La strada e
la piazza dovrebbero permettere l'incontro. Oggi sempre più le piazze
sono dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo
motorizzato. Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di
allontanamento. É praticamente impossibile vedere bambini giocare in
piazza, spostarsi in bicicletta. Gli anziani sono continuamente in
pericolo in questi luoghi. Dobbiamo renderci conto che, come ogni luogo
della comunità, la strada e la piazza sono di tutti, così come ancora è
in qualche nostro piccolo paesino di montagna o in molte città del Sud
del mondo.
8. Il diritto al selvaggio
Anche nel cosiddetto tempo libero tutto è preorganizzato. Siamo
nell'epoca dei "divertimentifici". Gli esempi più eclatanti sono
Eurodisney, Gardaland, Mirabilandia... parchi gioco programmati nei
dettagli. E così è nel piccolo, nei parchi pubblici e nel verde delle
città, compreso l'arredo urbano. Certo, nulla da eccepire riguardo
l'aspetto estetico. Ma dov'è la possibilità di costruire un luogo di
rifugio-gioco, una capanna di legno, dove sono i canneti e i boschetti
in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi? Il mondo è
fatto di luoghi modificati dall'uomo, ma è importante che questi si
compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati allo stato naturale. Anche
per l'infanzia.
9. Il diritto ad ascoltare il silenzio
I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma le orecchie sono
sempre aperte. Così sono sottoposte continuamente alle sollecitazioni
esterne. Mi sembra ci sia l'abitudine al rumore, alla situazione
rumorosa, a tal punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile
partecipare a feste di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da
musiche assordanti. E così accade anche a scuola. L'immagine emblematica
di tutto ciò è data da coloro che si spostano alle periferie delle città
e a piedi o in bicicletta si portano nella natura, per una bella
passeggiata, con le cuffie del registratore portatile ben inserite nelle
orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli
uccelli, il gorgogliare dell'acqua. Questo significa diritto al
silenzio, ad educarci all'ascolto silenzioso.
10. Il diritto a percepire le sfumature
La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c'è. Nelle
nostre case l'elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come
fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall'una
all'altra situazione. Quel che più è grave è che poche persone, pochi
bambini o bambine, riescono a vedere il sorgere del sole, cioè l'aurora
e l'alba oppure il crepuscolo o il tramonto. Non si percepiscono più le
sfumature. Il pericolo che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o
bianco si rischi davvero l'integralismo. In una società in cui le
diversità aumentano anziché diminuire, quest'atteggiamento può risultare
realmente pericoloso. È una riflessione che ci interpella tutti.
Gianfranco Zavalloni
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