Viaggiare alla scoperta di ..

 

…etnie in estinzione

 

 

La visita e l’esposizione fotografica di Stefano Stano ha reso molto interessante la giornata scolastica, nella vigilia di S.Erasmo.

Stefano è un viaggiatore appassionato e curioso, ha compiuto viaggi in posti sperduti e lontani del pianeta. Viaggia per scoprire, per conoscere altre realtà, per la voglia di approfondire e venire a contatto con culture diverse dalla sua. Oggi ha allestito per il plesso Umberto I una mostra fotografica su etnie africane in via di estinzione:

 il popolo Himba, il popolo Hamer e il popolo Mursi .

 

Ci ha accolto con un saluto particolare che anche io conosco e che lui ha usato per onorare i due alunni indiani della classe: Namastè, (significa mi inchino e onoro lo spirito divino che è in te). Anche io l’ho salutato allo stesso modo e gli alunni hanno fatto lo stesso. Poi ci ha parlato dei luoghi che ha visitato.

In Etiopia ha incontrato il popolo Hamer e i Mursi. Gli Hamer vivono in una zona selvaggia costellata di paludi e savane desertiche.

 La loro unica ricchezza sono le vacche che durante i mesi della stagione secca devo condurre sulle rive dell'Omo per abbeverarle, il viaggio è lungo e pericoloso. Le acconciature delle donne sono molto belle, treccine cosparse di ocra rossa. Le donne indossano pelli di animali, che loro stesse conciano e ammorbidiscono, le pitture diventano un vestito, infatti nelle occasioni particolari si dipingono il corpo con acqua e gesso; indossano collane fatte di conchiglie del mar Rosso e bracciali di metallo ai polsi e alle caviglie. A causa della povertà, hanno sostituito gli oggetti ornamentali con ornamenti sul corpo: si scarificano la pelle e si provocano rigonfiamenti con acqua e cenere si possono vedere questi tatuaggi rigonfi in una delle foto.

 

Gli uomini Hamer si acconciano i capelli con un rialzo di argilla sormontato da penne di struzzo. Si muovono stringendo fra le mani il "borkota", un bastone di legno che usano anche nei combattimenti tra loro stessi o contro i nemici per accaparrarsi le terre migliori, quando combattono non conoscono perentele, hanno però il divieto di uccidere. Le donne Hamer, quando si sposano, si chiudono attorno al collo un pesante collana di pelle e metallo. Le ragazze nubili invece hanno un disco metallico infilato fra i cappelli. Stefano ci ha parlato dei riti di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, questi riti di iniziazione e le prove di coraggio che questi ragazzi devono affrontare, ha molto incuriosito gli alunni.

 

Il rito di iniziazione tra gli Hamer si chiama "salto del toro". Il ragazzo destinato a crescere deve saltare, per quattro volte, una decina di buoi affiancati correndo sulla loro schiena e senza cadere. E' una cerimonia lunga e complessa. Se il ragazzo non riuscirà nel salto (è permessa una caduta) sarà preso in giro per tutta la vita e non avrà futuro. Se la corsa avrà successo il ragazzo diventerà maz e comincerà il suo lungo cammino nella struttura sociale della sua etnia. Il popolo Mursi incuriosisce per l'uso del piattello labiale e all'orecchio. Questi piattelli di argilla li portano solo le donne; iniziano da quando hanno 5 anni a mettere pezzetti di legno nel labbro inferiore e nei lobi delle orecchie... Con l'età allargano il buco con piattelli sempre più grossi.
Non si sa di preciso il motivo di questa usanza. Si pensa che deformare le labbra in quel modo servisse a essere scartate nella tratta degli schiavi, oppure a non far passare il male dalla bocca quando ci si ammala.

 


Tra gli uomini invece è usanza incidersi la pelle delle braccia per ogni nemico ucciso.

Gli Himba, sono pastori nomadi di un luogo sperduto della Namibia, gli uomini seguono le vacche in lunghe transumanze che possono durare anche varie settimane. Le donne invece si occupano di tutto: allevano capre e polli, curano i bambini, raccolgono gli ortaggi, costruiscono le capanne con argilla, legno e sterco, cuociono e conservano il cibo, conciano le pelli con cui si vestono, si occupano della medicina tradizionale e delle pratiche religiose. Abitano in piccole capanne, di sterco e fango, che impastano anche con l’urina degli animali perché l’acqua è molto scarsa e dunque preziosa, un recinto di rami spinosi protegge la capanna dagli animali notturni. Al centro dei villaggi himba, brucia sempre l’okuruwo, il fuoco sacro che allontana i cattivi demoni che avvelenano i cuori degli uomini e fanno ammalare i bambini, una sciamana donna, scelta tra le più anziane della tribù si prende cura giorno e notte del fuoco, che serve anche a far bollire le farine,. E’ la sciamana che decide chi deve mungere le vacche, quando portarle al pascolo, con chi si devono sposare le donne in primo matrimonio e quale dote in capi di bestiame richiedere. Hanno un nucleo familiare allargato, ogni uomo può sposare più donne. L’acqua per gli himba, è sacra. Solo agli uomini sposati è consentito lavarsi. E soltanto come preparazione alle cerimonie religiose in particolari periodi dell’anno. Le donne si prendono cura del proprio corpo. Si cospargono sia il corpo, sia i capelli con un miscuglio di grasso di vacca, burro di capra, terra d’ocra, argilla ed erbe che mantiene liscia la pelle, proteggendola dalle punture degli insetti e dalle scottature del sole.

Quando questa specie di fango si secca applicano un nuovo strato, rifacendosi il "trucco" anche 2 o 3 volte al giorno. Molto interessante è stato il suo racconto sui riti di passaggio dell’ età più importante della vita dalla pubertà all’età adulta : da piccoli i maschi si riconoscono perché hanno una sola treccia sulla testa mentre tutto il resto del capo è rasato mentre le femmine hanno due trecce rivolte in avanti. Dopo la pubertà le femmine, sciolgono i capelli in tante trecce rasta che impastano di ocra, mentre le punte sono cotonate e sono pronte per sposarsi, le donne sposate aggiungono un ciuffetto di pelle di antilope (omarembe), che rivoltano se rimangono vedove; portano gioielli di ferro, rame, ossa e una conchiglia (ozuhumba) tra i seni.

Stefano ci ha mostrato la foto della merenda dei bambini, mangiano una specie di ricotta di latte di capra che viene messo in una zucca vuota e agitata per ore e ore finchè il latte non caglia. Appena imparano a camminare i bambini sono autonomi e incominciano ad imparare ad aiutare nei lavori quotidiani. Stefano ci ha detto che per andare a questi villaggi, bisogna informare il Consolato Italiano ed essere sempre in contatto con la Farnesina, questi popoli vivono isolati e molto distanti dai centri abitati, In visita ai villaggi, bisogna farsi accompagnare da una guida che parlerà con il capo del villaggio, è abitudine offrire farina, caffè, olio, zucchero, tabacco, caramelle, che se accettati dal capo saranno il nostro lascia passare tra i componenti della tribù.

Non bisogna mai disturbare né interferire con le attività che si svolgono al villaggio, si può solo fotografare, e scambiare parole solo se si è invitati. Stefano ci ha detto che in ogni parte del mondo, quando noi andiamo in visita come turisti, dovremmo sempre ricordare che siamo ospiti non invitati e quindi essenziale è l’educazione, la discrezione e il rispetto per il modo di vivere di altri popoli. Stefano è rimasto colpito dalla cura e dal rispetto che i giovani hanno per gli anziani, infatti il capo del villaggio ha detto un proverbio: “I giovani corrono veloci, ma i vecchi conoscono la strada”.
Abbiamo ringraziato Stefano per le bellissime foto che ci ha mostrato, ha promesso di tornare a trovarci per mostrarci i piattelli labiali e alcuni semi strani che lui ha portato con sé e altre cose straordinarie. A presto Stefano, grazie per la bella lezione!