Regioni, confini ed Eulero

 

Fin dalla nascita il bambino percepisce lo spazio che lo circonda: si può affermare che la geometria arriva alla percezione dei suoi sensi ancor prima della parola e dunque ancor prima della matematica.

Lo spazio percepito dal bambino è legato alle emozioni e ai sentimenti; ci sono luoghi che preferisce spazi che usa di più o di meno; ma la geometria è una scienza e come tale va curata con continue esercitazioni e manipolazioni, con la stessa cura che viene posta per la conoscenza e la comprensione del concetto di numero.

La geometria che si insegna a scuola è quella Euclidea che si fonda su astrazioni concettuali che per i bambini non sono facili da comprendere: per tale motivo gli insegnanti cercano di semplificare a tal punto che talvolta di quei concetti di geometria non resta quasi nulla; spesso anche i libri semplificano troppo cosicché nella mente del bambino rimangono pochi concetti che spesso sono anche confusi.

Sui libri è dedicato molto spazio alla conoscenza delle linee, delle superfici piane e infine è dedicata una pagina o poco più alle superfici solide, con lo scopo finale di  permettere all’alunno di conoscere le figure geometriche e la loro struttura, e arrivare dunque a saper misurare “ gli spazi” che una sagoma occupa, intesa come misura del perimetro e dell’area.

Per fortuna da qualche anno mi è capitato di vedere su alcuni libri l’approccio alla geometria partendo  dai solidi geometrici anziché dalle linee: è un passo importante poiché concetti come il punto, l’angolo, la linea, la retta, i piani possono essere recepiti a partire dalla terza elementare in poi perché sono concetti molto astratti!

Noi abbiamo cominciato dai solidi geometrici, che hanno tre dimensioni. Dopo averli nominati disegnati e osservati nella struttura, abbiamo disegnato l’impronta che le facce lasciano, (oppure si bagnano con del colore e l’impronta resta come un timbro) ed ecco che si comprende cosa sono le figure piane; allo stesso modo si può far riferimento alle ombre  che le facce o le sagome lasciano su un muro!

Naturalmente l’alunno si rende conto che l’ombra o l’impronta occupa una superficie, che è delimitata da un confine e quindi ci sono due regioni o meglio due superfici; il confine percorso con un dito è una linea che può essere spezzata chiusa oppure curva, e dunque si comincia con l’individuare i vari tipi di linee.

Allo stesso modo si disegnano linee ingarbugliate e arrotolate su se stesse che invece percorse con il dito non sono confini perché la linea è aperta. Ma che succede se delle linee si incrociano? Si formano dei nodi, si creano altre regioni, altri confini. Noi in questo periodo ci stiamo occupando di individuare il numero di nodi, il numero delle regioni e il numero dei confini che si determinano quando le linee si incrociano. Due sagome si dicono intersecate se hanno in comune almeno due punti del confine e una parte di regione.

Dopo aver fatto esercitazioni diverse su sagome intersecate e aver fatto scrivere il numero delle regioni e dei nodi ho invitato gli alunni a colorare con colore diverso i confini che si erano determinati.

Poi ho presentato sagome sempre più complesse allo scopo di creare un piccolo problema, mentre è facile con un dito contare il numero delle regioni, semplice è segnare con un colore i nodi, non è sempre facile individuare con correttezza il numero dei confini.

A questo punto ho detto che c’è una formula che dimostra  il rapporto costante che esiste tra il numero delle regioni e quello dei nodi, applicando questa formula si determina il numero dei confini.

La formula è la seguente (Regioni + Nodi) - 2 = Confini.

Per verificare la  correttezza e l’efficacia della formula  abbiamo usato una tabella che rappresentava in modo costante figure con intrecci e l’applicazione della formula e che voi genitori potete trovare sui quaderni dei vostri figli.

Questo è un modo semplice per avvicinare i bambini alle formule, a visualizzare il rapporto costante che esiste tra le grandezze da misurare e a saperle utilizzare concretamente su figure che possono gestire dal punto di vista concreto e in modo giocoso; basta prendersi la briga di contare con il dito le regioni e i nodi e infine applicare la formula.

È ovvio che le successive formule saranno applicate a problemi su figure geometriche, in contesti che sono poco naturali e concreti e  inserite in un contesto lontano dalla loro immediata esperienza.

Curare l’astrattezza operativa consente di sviluppare il pensiero reversibile, cioè la capacità di saper operare su concetti  astratti questo dal mio punto di vista è un passo avanti nella crescita dei vostri figli; fatevi mostrare il lavoro svolto in classe, in modo da rendervi conto delle loro abilità e come riescano a comprendere da soli anche quando sbagliano.

Avete notato come accettano meglio l’errore e cercano di porvi rimedio?

Anche l’aspetto grafico dei loro lavori è migliorato! Siatene fieri ed elogiateli.