Riportiamo qui parte di
un editoriale di Riccardo Scaglioni - tratto dal sito dell'ANFIS (ASSOCIAZIONE
NAZIONALE DEI FORMATORI INSEGNANTI SUPERVISORI)
Si celebra oggi 5 Ottobre 2013 la giornata mondiale dedicata agli
insegnanti.
La nostra professione attraversa uno dei
momenti più difficili della sua storia, al centro di un crocevia segnato
da una bassa considerazione sociale, alla quale si associa l'assoluta
mancanza di una prospettiva professionale, da una parte, e dalla
crescente complessità di una professione chiamata oggi ad assumersi il
difficile compito di educare una generazione che ha davanti a se un
futuro denso di incognite, dall'altra. Basti considerare
l'impressionante livello raggiunto dalla disoccupazione giovanile in
Italia, superiore al 40%.
Insegnare oggi ha caratteristiche profondamente diverse dal passato, per
questo le parole chiave del dibattito sono ricostruzione e
sviluppo.
Se è vero, come ha affermato Malala Yousafzai di fronte all'Assemblea
delle Nazioni Unite il 12 luglio scorso, che "un bambino, un insegnante,
una penna e un libro possono cambiare il mondo", vogliamo affermare, a
gran voce, che quella penna e quel libro senza un insegnante capace e
competente sono ben poca cosa per quel bambino, e per tutti i ragazzi e
le ragazze della scuola. Diamo quindi valore agli insegnanti, riportiamo
al centro del dibattito sulle politiche scolastiche il nostro ruolo e la
nostra funzione.
INTERVISTA A
CRISTINA CONDELLO (Fondatrice e Formatrice Accademia del Benessere di
Bologna)
Innovazione nella produzione, nel lavoro, nella società: cosa
occorre alla formazione per favorire tutto questo?
Per cambiare gli altri dobbiamo partire da noi. Credo che solo in questo
modo si possa crescere, innovare, evolvere. Noi formatori abbiamo un
ruolo cardine nel contesto sociale e, ora, in questa fase di fine corsa
del nostro mondo, dei nostri modi di vivere, delle nostre comode “zone
di comfort”, ci vuole molto coraggio e creatività. Occorre uscire dagli
schemi tradizionali, dalle teorie superflue, ora non più applicabili, e
svolgere il nostro ruolo con responsabilità e rispetto delle persone.
Piedi per terra e testa tra le nuvole.
Per rafforzare il ruolo della formazione a supporto dello
sviluppo, dobbiamo rinnovare metodi, strumenti o altro?
Educare. Mi piace il significato vero di questo verbo.
Etimologicamente, il termine deriva dal verbo latino educĕre (cioè
“trarre fuori”, “tirar fuori” o “tirar fuori ciò che sta dentro”),
derivante dall’unione di ē- (“da, fuori da”) e dūcĕre (“condurre”).
Secondo altri, deriva dal verbo latino educare (“trarre fuori,
allevare”).
Quindi uscire dall’idea di dover mettere qualcosa dentro alle persone:
informazioni, strumenti, concetti, per far sì che siano loro stesse a
comprendere, attraverso la nostra guida; per rendersi consapevoli dei
loro talenti nascosti e delle loro capacità apprese.
Vecchi metodi o nuovi metodi?
L’esperienza è efficace nell’apprendimento, per questo il formatore deve
formarsi e studiare continuamente, per poter essere una guida, per
facilitare la crescita dando la possibilità di applicare e di
sperimentare da subito quello che si apprende.
Per farlo dobbiamo essere: onesti, coerenti, aperti, in ascolto.
Per facilitare l’uscita dalla crisi, su quali elementi la
formazione deve investire?
Dobbiamo diventare visibili, convincere le Istituzioni, la Politica, che
solo attraverso la cultura del Fare e dell’Essere una società può
evolvere, costruire le basi per il benessere collettivo; attraverso la
scuola, il lavoro e la Formazione continua.
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INTERVISTA A
PAOLA PISANO - Business Sales Trainer nelle telecomunicazioni
Innovazione nella produzione, nel lavoro, nella società: cosa
occorre alla formazione per favorire tutto questo?
Ritengo che il primo passo per agevolare l’innovazione sia quello di
rompere gli schemi di routine, quella consolidata quotidianità che
troppo spesso si vive passivamente nel lavoro e nella società,
considerandola scontata e “sicura”. Per innovare davvero, ciascuno di
noi dovrebbe aprire la propria mente, rimettere in discussione i
processi assodati e chiedersi, almeno una volta al giorno, se quello che
sta facendo possa essere realizzato scegliendo una strada diversa e più
efficace. Innovazione è anche passione, iniziativa e soprattutto
predisposizione al cambiamento, tutti elementi che spesso vengono
parcheggiati nel cassetto per lasciare spazio all’abitudine e alla
comodità.
Per favorire l’innovazione, a mio avviso la formazione può e deve dare
un grandissimo supporto educando le persone all’innovazione stessa,
abituandole a un approccio differente verso ciò che si impara: non
contenuti, ma comportamenti; non frasi fatte, ma ragionamenti concreti;
non ripetizione ma re-invenzione.
Per educare le persone all’innovazione occorre abituarle a guardare il
cambiamento con una prospettiva diversa, ottimistica, vincendo la paura
di ciò che non si conosce. In questo senso la formazione dovrebbe
stimolare i partecipanti, fornire prospettive, metodi e spunti di
riflessione.
Il formatore dovrebbe svolgere un ruolo
principalmente di facilitatore ed essere per primo promotore del
cambiamento con l’adozione di approcci innovativi, concreti,
contestualizzati con la realtà attuale.
Per rafforzare il ruolo della formazione a supporto dello
sviluppo, dobbiamo rinnovare metodi, strumenti o altro?
Metodo e strumenti viaggiano a stretto contatto ma ciò che guida davvero
è il metodo. Lo strumento in quanto tale deve, secondo me, essere utile
allo sviluppo e alla realizzazione del metodo stesso.
La metodologia formativa a mio avviso dovrebbe:
- Orientarsi sempre più verso un
approccio interattivo, di confronto, che faccia sentire il singolo
partecipante come protagonista singolo e di gruppo (insieme agli altri);
- Scendere più spesso in campo, con
maggiore vicinanza al partecipante, quasi in una logica di affiancamento
on the job, piuttosto che semplice formazione dietro le quinte. Il
formatore deve vivere nel pratico ciò che insegna, deve sperimentarlo,
deve capirne i punti di forza e di debolezza, solo in questo modo può
trasmettere davvero concretezza;
- Svilupparsi maggiormente anche con
la logica della formazione a distanza, mantenendo però sempre viva e
interattiva la presenza del formatore;
Gli strumenti all’avanguardia rendono una
sessione formativa più accattivante e stimolante, oltre a fornire un
buon esempio di adattamento a cambiamento e a innovazione, l’importante
è che siano realmente efficaci.
Rispetto alla mia esperienza gli strumenti che dovrebbero essere
sfruttati maggiormente sono:
- Piattaforme per la costruzione di aule
virtuali, che rendano la formazione più flessibile e
accessibile per tutti, pur mantenendo una logica di confronto e di
partecipazione assimilabile all’aula dal vivo.
- Piattaforme di e-learning ben costruite,
dove il contenuto va oltre la semplice lettura di moduli e lo
svolgimento di test, ma viene integrata con sessioni di confronto,
forum, tavole rotonde virtuali.
In questo modo la componente umana, emotiva e
motivazionale rimane presente pur non avendo un’aula fisica.
Per facilitare l’uscita dalla crisi, su quali elementi la
formazione deve investire?
Credo fermamente nel ruolo del formatore come facilitatore, motivatore e
coach (allenatore), agente del cambiamento con il compito di aiutare,
sostenere e guidare le persone a capire come approcciare quanto stanno
apprendendo, a prescindere dal contenuto specifico. Solo in questo modo
le persone possono andare incontro a uno sviluppo oltre la crisi perché,
di fatto, costruiscono da sole la propria crescita.
Nel contesto attuale in cui stiamo vivendo, a mio avviso la formazione
dovrebbe puntare su questi elementi:
- Motivazione, stimolo e guida:
incoraggiare, guidare e stimolare le persone verso una visione più
ottimistica del contesto, dove crisi può essere anche sinonimo di
opportunità, se si ha chiaro il proprio cammino professionale e si ha la
volontà di rimettersi in discussione per re-inserirsi in una società che
cambia.
- Concretezza, praticità, utilità:
la formazione deve essere un investimento di rapido riscontro, dando al
partecipante linee guida, strumenti, spunti per sviluppare al meglio la
propria professionalità.
- Accessibilità: la formazione deve
essere accessibile a tutti e, in quanto tale, credo sia fondamentale
sviluppare sempre più soluzioni che permettano alle persone di formarsi
a prescindere dalla posizione geografica, dalle possibilità economiche,
dal tempo investibile.
- Qualità e valore: come tutti i
servizi, la formazione è un investimento e chi lo attua deve ricevere un
servizio di valore e di qualità e capire che tutto ciò che riceve lo
aiuterà a crescere. Non bisogna permettere che la crisi intacchi la
qualità della formazione, generando servizi semplicemente “accettabili”.
interviste tratta da:
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