5 ottobre : giornata mondiale degli insegnanti

 

 

Oggi in tutto il mondo si celebra la Giornata mondiale degli insegnanti.

In Italia la Campagna globale per l'educazione vuole riaccendere i riflettori sul loro ruolo nell'accesso universale a una educazione di qualità e sulle condizioni in cui essi vivono nel mondo. Ancora oggi, l'obiettivo è riuscire ad arrivare a garantire l'accesso alla scuola primaria di ogni bambino entro il 2015.
Per far questo però mancano all'appello 1.700.000 docenti, senza contare i 5.100.000 nuovi insegnanti che sarebbero necessari per sostituire quelli in uscita. In Italia, negli ultimi cinque anni il numero degli alunni dalla scuola primaria alle superiori è cresciuto di 90.990 unità. Ma questa crescita avrebbe dovuto comportare un conseguente aumento nel numero di docenti che invece nello stesso periodo sono diminuiti di 81.614 unità, generando classi sempre più numerose.

Inoltre, alla formazione iniziale, non fa purtroppo seguito nel nostro Paese una politica di formazione e aggiornamento in servizio.

"Ogni bambino nel mondo ha diritto ad una educazione di qualità, ma nessun bambino avrà la possibilità che tale diritto venga rispettato senza un insegnante adeguatamente preparato - ha affermato Anna Rita De Bellis, coordinatrice della Coalizione Italiana - nonostante i lenti progressi nell'assicurare l'educazione primaria a tutti i bambini e le bambine del mondo, esiste una grossa e persistente carenza di insegnanti professionali ben preparati e supportati che incide fortemente sulla qualità dell'educazione e sulla capacità di apprendimento".

 

 

 

Riportiamo qui parte di un editoriale di  Riccardo Scaglioni - tratto dal sito dell'ANFIS (ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI FORMATORI INSEGNANTI SUPERVISORI)
Si celebra oggi 5 Ottobre 2013 la giornata mondiale dedicata agli insegnanti.

La nostra professione attraversa uno dei momenti più difficili della sua storia, al centro di un crocevia segnato da una bassa considerazione sociale, alla quale si associa l'assoluta mancanza di una prospettiva professionale, da una parte, e dalla crescente complessità di una professione chiamata oggi ad assumersi il difficile compito di educare una generazione che ha davanti a se un futuro denso di incognite, dall'altra. Basti considerare l'impressionante livello raggiunto dalla disoccupazione giovanile in Italia, superiore al 40%.
Insegnare oggi ha caratteristiche profondamente diverse dal passato, per questo le parole chiave del dibattito  sono ricostruzione e sviluppo.
Se è vero, come ha affermato Malala Yousafzai di fronte all'Assemblea delle Nazioni Unite il 12 luglio scorso, che "un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo", vogliamo affermare, a gran voce, che quella penna e quel libro senza un insegnante capace e competente sono ben poca cosa per quel bambino, e per tutti i ragazzi e le ragazze della scuola. Diamo quindi valore agli insegnanti, riportiamo al centro del dibattito sulle politiche scolastiche il nostro ruolo e la nostra funzione.

 

INTERVISTA A CRISTINA CONDELLO (Fondatrice e Formatrice Accademia del Benessere di Bologna)

Innovazione nella produzione, nel lavoro, nella società: cosa occorre alla formazione per favorire tutto questo?
Per cambiare gli altri dobbiamo partire da noi. Credo che solo in questo modo si possa crescere, innovare, evolvere. Noi formatori abbiamo un ruolo cardine nel contesto sociale e, ora, in questa fase di fine corsa del nostro mondo, dei nostri modi di vivere, delle nostre comode “zone di comfort”, ci vuole molto coraggio e creatività. Occorre uscire dagli schemi tradizionali, dalle teorie superflue, ora non più applicabili, e svolgere il nostro ruolo con responsabilità e rispetto delle persone. Piedi per terra e testa tra le nuvole.


Per rafforzare il ruolo della formazione a supporto dello sviluppo, dobbiamo rinnovare metodi, strumenti o altro?
Educare. Mi piace il significato vero di questo verbo.
Etimologicamente, il termine deriva dal verbo latino educĕre (cioè “trarre fuori”, “tirar fuori” o “tirar fuori ciò che sta dentro”), derivante dall’unione di ē- (“da, fuori da”) e dūcĕre (“condurre”). Secondo altri, deriva dal verbo latino educare (“trarre fuori, allevare”).
Quindi uscire dall’idea di dover mettere qualcosa dentro alle persone: informazioni, strumenti, concetti, per far sì che siano loro stesse a comprendere, attraverso la nostra guida; per rendersi consapevoli dei loro talenti nascosti e delle loro capacità apprese.


Vecchi metodi o nuovi metodi?
L’esperienza è efficace nell’apprendimento, per questo il formatore deve formarsi e studiare continuamente, per poter essere una guida, per facilitare la crescita dando la possibilità di applicare e di sperimentare da subito quello che si apprende.
Per farlo dobbiamo essere: onesti, coerenti, aperti, in ascolto.


Per facilitare l’uscita dalla crisi, su quali elementi la formazione deve investire?
Dobbiamo diventare visibili, convincere le Istituzioni, la Politica, che solo attraverso la cultura del Fare e dell’Essere una società può evolvere, costruire le basi per il benessere collettivo; attraverso la scuola, il lavoro e la Formazione continua.



 

INTERVISTA A PAOLA PISANO - Business Sales Trainer nelle telecomunicazioni

Innovazione nella produzione, nel lavoro, nella società: cosa occorre alla formazione per favorire tutto questo?
Ritengo che il primo passo per agevolare l’innovazione sia quello di rompere gli schemi di routine, quella consolidata quotidianità che troppo spesso si vive passivamente nel lavoro e nella società, considerandola scontata e “sicura”. Per innovare davvero, ciascuno di noi dovrebbe aprire la propria mente, rimettere in discussione i processi assodati e chiedersi, almeno una volta al giorno, se quello che sta facendo possa essere realizzato scegliendo una strada diversa e più efficace. Innovazione è anche passione, iniziativa e soprattutto predisposizione al cambiamento, tutti elementi che spesso vengono parcheggiati nel cassetto per lasciare spazio all’abitudine e alla comodità.
Per favorire l’innovazione, a mio avviso la formazione può e deve dare un grandissimo supporto educando le persone all’innovazione stessa, abituandole a un approccio differente verso ciò che si impara: non contenuti, ma comportamenti; non frasi fatte, ma ragionamenti concreti; non ripetizione ma re-invenzione.
Per educare le persone all’innovazione occorre abituarle a guardare il cambiamento con una prospettiva diversa, ottimistica, vincendo la paura di ciò che non si conosce. In questo senso la formazione dovrebbe stimolare i partecipanti, fornire prospettive, metodi e spunti di riflessione.

Il formatore dovrebbe svolgere un ruolo principalmente di facilitatore ed essere per primo promotore del cambiamento con l’adozione di approcci innovativi, concreti, contestualizzati con la realtà attuale.


Per rafforzare il ruolo della formazione a supporto dello sviluppo, dobbiamo rinnovare metodi, strumenti o altro?
Metodo e strumenti viaggiano a stretto contatto ma ciò che guida davvero è il metodo. Lo strumento in quanto tale deve, secondo me, essere utile allo sviluppo e alla realizzazione del metodo stesso.
La metodologia formativa a mio avviso dovrebbe:
 - Orientarsi sempre più verso un approccio interattivo, di confronto, che faccia sentire il singolo partecipante come protagonista singolo e di gruppo (insieme agli altri);
- Scendere più spesso in campo, con maggiore vicinanza al partecipante, quasi in una logica di affiancamento on the job, piuttosto che semplice formazione dietro le quinte. Il formatore deve vivere nel pratico ciò che insegna, deve sperimentarlo, deve capirne i punti di forza e di debolezza, solo in questo modo può trasmettere davvero concretezza;
- Svilupparsi maggiormente anche con la logica della formazione a distanza, mantenendo però sempre viva e interattiva la presenza del formatore;
Gli strumenti all’avanguardia rendono una sessione formativa più accattivante e stimolante, oltre a fornire un buon esempio di adattamento a cambiamento e a innovazione, l’importante è che siano realmente efficaci.
Rispetto alla mia esperienza gli strumenti che dovrebbero essere sfruttati maggiormente sono:
- Piattaforme per la costruzione di aule virtuali, che rendano la formazione più flessibile e accessibile per tutti, pur mantenendo una logica di confronto e di partecipazione assimilabile all’aula dal vivo.
- Piattaforme di e-learning ben costruite, dove il contenuto va oltre la semplice lettura di moduli e lo svolgimento di test, ma viene integrata con sessioni di confronto, forum, tavole rotonde virtuali.

In questo modo la componente umana, emotiva e motivazionale rimane presente pur non avendo un’aula fisica.


Per facilitare l’uscita dalla crisi, su quali elementi la formazione deve investire?
Credo fermamente nel ruolo del formatore come facilitatore, motivatore e coach (allenatore), agente del cambiamento con il compito di aiutare, sostenere e guidare le persone a capire come approcciare quanto stanno apprendendo, a prescindere dal contenuto specifico. Solo in questo modo le persone possono andare incontro a uno sviluppo oltre la crisi perché, di fatto, costruiscono da sole la propria crescita.
Nel contesto attuale in cui stiamo vivendo, a mio avviso la formazione dovrebbe puntare su questi elementi:
- Motivazione, stimolo e guida: incoraggiare, guidare e stimolare le persone verso una visione più ottimistica del contesto, dove crisi può essere anche sinonimo di opportunità, se si ha chiaro il proprio cammino professionale e si ha la volontà di rimettersi in discussione per re-inserirsi in una società che cambia.
- Concretezza, praticità, utilità: la formazione deve essere un investimento di rapido riscontro, dando al partecipante linee guida, strumenti, spunti per sviluppare al meglio la propria professionalità.
- Accessibilità: la formazione deve essere accessibile a tutti e, in quanto tale, credo sia fondamentale sviluppare sempre più soluzioni che permettano alle persone di formarsi a prescindere dalla posizione geografica, dalle possibilità economiche, dal tempo investibile.
- Qualità e valore: come tutti i servizi, la formazione è un investimento e chi lo attua deve ricevere un servizio di valore e di qualità e capire che tutto ciò che riceve lo aiuterà a crescere. Non bisogna permettere che la crisi intacchi la qualità della formazione, generando servizi semplicemente “accettabili”.
 

interviste tratta da:

www.festivaldellapprendimento.it