L'interrogazione

 

Quando noi adulti ritorniamo con la mente ai nostri ricordi scolastici, le prime cose che ci vengono in mente sono gli episodi goliardici (magari alle spalle di qualche prof o di qualche compagno) e le interrogazioni.

Di queste ultime non sempre abbiamo un ricordo piacevole, anzi...

Ci tornano in mente i sudori freddi e le ansie, i balbettii e le frasi lasciate a metà dovute al non sapere a causa di uno studio affrettato o superficiale; le brutte figure ed i votacci e solo per ultimo, ma molto in ultimo, ci ritorna in mente qualche bella soddisfazione di una interrogazione andata a buon fine.

Non crediate che i maestri siano passati indenni da queste prove. Anzi. Solo che non lo dicono mai perchè fanno finta di non ricordare.

Eppure l'interrogazione, a ben pensarci, dovrebbe essere il momento più importante dello studio, poiché è proprio allora che lo studente si prende la sua vera soddisfazione nel dimostrare il proprio "valore" nello studio.

Tuttavia, a causa di impostazioni diverse e molto complesse, nel rapporto docente-allievo l'interrogazione è stata quasi sempre intesa come uno "scontro" tra professori e studenti.

Molto spesso, infatti, si verifica che il prof ne approfitta per trarre in inganno l'allievo, con domande fuorvianti o con richieste improbabili (le famose noticine a pie' di pagina che nessuno mai andava a leggere).

Messa così una interrogazione non poteva che essere temuta.

Eppure già gli antichi filosofi greci insegnavano che il vero sapere era frutto di un rapporto interattivo tra maestro e allievo.

Ora noi pensiamo, perchè ne siamo fermamente convinti, che sia necessario riportare  alla giusta dimensione il momento della interrogazione: non più da intendere come un controllo minuzioso (ma nel contempo capzioso, arido e riduttivo) delle nozioni apprese, ma  un "dialogo" aperto tra maestro e alunno.

Nella nostra interrogazione ai bambini vengono forniti tutti i mezzi a supporto per poter meglio "ricordare" gli eventi ed i nessi logici che ad essi sottendono (ad esempio mappe concettuali, immagini, LIM, ...) e vengono dati anche tutti i suggerimenti per potersi districare in modo logico nella esposizione degli stessi eventi.

 

Riteniamo, infatti, che non sia tanto importante che il bambino ricordi quanto grande sia un animale, o di che cosa esso si nutra (in effetti ben pochi lo sanno con precisione, visto che ogni animale mangia una gran quantità di cibi diversi); o quanti abitanti ci siano in una data città o come si chiamavano tutti i re di Roma; ma l'importante è che il bambino (ma vale per tutti gli studenti) acquisiscano dei concetti generali che uniti alle nozioni particolari, permetta loro di poter definire in modo quanto più preciso possibile un evento, magari mettendo in relazione fatti e conoscenze di campi differenti.

Ritornando agli esempi di sopra: il bambino deve comprendere che c'è un rapporto tra il cibo che un animale mangia, la sua grandezza e la sua capacità di raggiungere il cibo. E non è tutto: il bambino deve essere aiutato e guidato finchè da singoli esempi possa ricavare la regola generale valida per tutti gli animali.

 

Fin qui si è ancora nella fase preliminare della interrogazione.

Se si forniscono gli strumenti sopra menzionati, il bambino sarà capace (molto aiutato e guidato all'inizio, sempre meno nel procedere del tempo) di esporre in modo personale quanto apprende.

Perciò un apprendimento mnemonico (imparare a memoria) non solo è inutile e faticoso, ma addirittura dannoso poiché impedisce al bambino di raggiungere la capacità di ragionamento logico e critico e la capacità di esprimere le proprie idee.

Man mano che i bambini acquistano fiducia in sé stessi non solo dimenticano la "paura" dell'interrogazione, ma "pretendono" di essere interrogati poichè vogliono mostrare ai maestri la propria bravura.

E per farlo sono anche disposti ad accettare eventuali critiche e suggerimenti.

Non ce lo dite: è roba da non credere!