ACQUA fonte di vita

 

 

La vita umana fin dal più lontano passato ha avuto come primo problema quello di insediare un villaggio nei pressi di una sorgente, di un torrente, oppure scavare pozzi, o delle riserve attraverso un sistema di cisterne. L'acqua è un elemento primario, necessario a garantire la sopravvivenza degli esseri umani e base per lo sviluppo delle attività produttive; che l'acqua sia il primo elemento da salvaguardare e sul quale qualsiasi organizzazione sociale deve investire, in Italia lo avevamo capito già 3.000 anni fa, oggi disperdiamo il 50% dell'acqua per l'incuria degli acquedotti, per non parlare delle inondazioni che devastano il nostro territorio quando piove per tre giorni di fila grazie alla cementificazione selvaggia dei nostri tempi.

 Un esempio molto antico, si può osservare a Matera che è una delle zone più povere di acqua d’Italia, non ha laghi, non ha fiumi eppure qui l’uomo qui ha saputo realizzare miracoli ingegneristici per salvare ogni singola goccia di acqua.

In questo territorio l’acqua ha modellato la roccia calcarea creando grotte, caverne, cisterne e corridoi naturali; quindi l’uomo in armonia con la natura l’ha semplicemente imitata, ricavandone strumenti per la sua sopravvivenza in un territorio ostile.

Sfruttando la presenza di queste grotte naturali e i pendii del suolo, l’uomo ha imbrigliato l’acqua piovana facendola scendere verso valle attraverso una fitta rete di canali e grondaie che convogliavano l’acqua dentro cisterne di raccolta. Le cisterne potevano contenere migliaia di litri d’acqua, spesso c’erano più cisterne una sopra l’altra e quindi erano in comunicazione tra loro; in questo modo l’acqua passava da una cisterna all’altra purificandosi attraverso un sistema di filtraggio molto efficace.

Foto: visitmatera.com          

Al centro della piazza principale di Matera si trova un serbatoio gigantesco dove si possono vedere i livelli lasciati dall’acqua, chiamato Palombaro Lungo o anche Cattedrale dell’acqua; si dirama sotto la parte antica della città, ed è uno dei luoghi che hanno contribuito a far diventare la città di Matera, Patrimonio mondiale dell'Unesco nel 1993. Le pareti di tufo della cisterna, sono ricoperte con un intonaco a cocciopesto in grado di renderle impermeabili che facilitava la raccolta e la conservazione dell'acqua, questa cisterna fa parte di un più grande e complesso sistema di raccolta delle acque che si estende sotto tutta la città di Matera con una struttura simile a quella delle radici di un albero rovesciate, ovvero è formata da cisterne piccole collegate in basso a cisterne più grandi.

Un esempio di ingegnosità umana che sfrutta il sistema dei vasi comunicanti, un argomento scientifico che non manca mai di essere sottoposto alla sperimentazioni in classe, ma che si può osservare in tutta la sua grandiosità proprio a Matera.
Questo sistema è stato utilizzato fino dai primi anni del 1900 con due sistemi differenti. Una prima tipologia è definita 'a tetto', essa presentava una copertura realizzata da conci di pietra su cui era ricavato il pozzo da cui attingere l'acqua, le cisterne che rientrano in questa categoria catturano le infiltrazioni del sottosuolo. Sui tetti delle abitazioni furono ricavati tanti piccoli canali che permettevano all’acqua di scorrere in una cisterna posta al centro di un cortile, comune a più famiglie. In caso di piogge abbondanti, la cisterna troppo piena cominciava a traboccare e l’acqua defluiva attraverso un piccolo canale, nelle cisterne delle case sottostanti o attigue.

In questo modo l’acqua superflua non veniva mai dispersa ma conservata nelle varie riserve.

Nei Sassi sono state scavate alcune migliaia di case distribuite nei cosiddetti “vicinati”, cortili o piazzette dalla forma semicircolare, comuni a circa dieci famiglie. I tetti delle abitazioni fungevano anche da strade percorribili a piedi o con i carretti. Un’altra tipologia per la raccolta delle acque, probabilmente molto più diffusa della precedente e presente in ogni abitazione dei Sassi, prevedeva lo scavo della cisterna nella roccia, questo tipo è detto 'a campana' ed è stato sviluppato per raccogliere e conservare l'acqua piovana.


Il termine “palombaro” deriva dalla parola latina “plumbarius” utilizzata per indicare coloro che rivestivano di piombo le tubature degli acquedotti attraverso le quali l'acqua poteva circolare; per analogia è stato utilizzato questo appellativo anche per indicare il pozzo che raccoglieva acqua in città. Una delle caratteristiche più evidenti del Palombaro e delle cisterne dei Sassi consisteva nel rivestimento delle pareti, questo infatti era realizzato da intonaco a cocciopesto, materiale con qualità impermeabilizzanti, che facilitava la raccolta e la conservazione dell'acqua.