Ma quanto sapiens?

 

Ora che abbiamo concluso il percorso della evoluzione dell'uomo ed abbiamo scoperto che anche noi apparteniamo alla specie Homo sapiens (con la concessione di un secondo "sapiens" per la sottospecie) viene normale dover fare qualche considerazione su questo titolo che noi uomini ci siamo dati senza tanta modestia.

Innanzitutto va chiarito che la parola latina "sapiens" ha qui il significato di "colui che sa", cioè di essere intelligente; non quindi nel senso di "colui che usa la propria saggezza, il proprio sapere".

E già questo fa una prima differenza.

La classificazione, poi, va riferita al percorso evolutivo della nostra specie, per cui l'uomo diventa sapiens in quanto "sa" molte più cose delle specie precedenti e, soprattutto, "sa fare" molte più cose dei suoi predecessori.

Sa infatti creare nuovi oggetti, sa allevare gli animali, sa coltivare le prime piante, sa creare nuove forme d'arte pittorica e scultorea; verosimilmente sa creare anche forme ritmiche e musicali.

Ma, prima di ogni altra cosa, sa di "essere diverso" da tutti gli altri animali. Prende quindi coscienza della sua unicità, del suo avere uno spirito vitale (anima) che continua ad esistere dopo la morte del corpo e si fa convinto che esistono esseri superiori che governano le forze della natura perchè essi le hanno create (religione).

Questo fa della nuova specie che si è evoluta un "sapiens".

La saggezza, però, non sempre si è accompagnata con l'evoluzione della nostra specie, nè tanto meno con l'evoluzione della società e della tecnologia.

La Storia ci mostra evidenti i segni della nostra poca saggezza, sia nei rapporti sociali - a cominciare dalla discriminazione- sia nei confronti dell'ambiente in cui viviamo.

I cosiddetti uomini "primitivi" odierni, che vivono in lembi sperduti del nostro pianeta sanno molto bene che le risorse del territorio in cui vivono non sono inesauribili: per questo motivo nessuno di loro si sente essere "padrone" di alcunchè nella natura che lo circonda. Sa di essere un "passeggero temporaneo" nel mondo e sa che ha il dovere di conservare anche per le generazioni future la sua terra.

 

Lo facevano anche gli uomini migliaia di anni prima di diventare "sapiens". Come ben sapevano che la forza del clan o della tribù era la loro coesione e collaborazione.

Ora che siamo "sapiens", anzi "sapiens sapiens" si direbbe che non sappiamo più riconoscere il valore dello stare insieme agli altri, della cooperazione e della appartenenza ad un gruppo sociale.

Come pure si affievolisce sempre più il senso della tolleranza e della accettazione degli altri.

 

Siamo diventati "sapiens", ma dovremmo un po' rivedere i nostri modelli di vita.

La Storia può servire anche a questo.

Noi maestri cerchiamo di far riflettere i bambini su tutto ciò, con parole semplici ed esempi, ma non possiamo dimenticare che l'esempio è molto più formativo di mille spiegazioni.

E i primi a dare l'esempio sono i genitori e la famiglia  tutta.