La geometria intesa in senso lato,
per alunni di questa età, è la scoperta dello spazio.
Fin dai primi giorni di scuola gli alunni hanno dovuto
conquistare lo spazio.
Spazio inteso come territorio fisico dell’aula, o quello più
grande della palestra; oppure lo spazio grafico del quaderno,
dell’album o di un cartellone.
Sia che si tratti di uno spazio tridimensionale o piano , gli
alunni devono imparare a conquistarlo ed a gestirlo scoprendo
anche che“ lo spazio occupato da un corpo non può contenerne un
altro” Ciò significa che la materia occupa uno spazio che non
può contemporaneamente essere occupato da un'altra materia,
ovvero la materia è impenetrabile (principio
dell'impenetrabilità).
Tutti gli oggetti solidi occupano uno
spazio che non può essere occupato contemporaneamente da un
altro oggetto.
La conquista dello spazio da parte
del bambino è di tipo relazionale-coordinativo si tratta cioè di
prendere coscienza sempre più chiara delle relazioni tra sé e il
mondo circostante; inoltre il concetto di spazio è alla base
dell’apprendimento della lettura, scrittura e dei concetti
matematici.
Imparare ad orientarsi correttamente nel tempo e nello spazio
signi-fica collocare se stessi e gli avvenimenti “storicamente”
e impostare correttamente la vita di relazione.
Gli alunni hanno dovuto
imparare a scoprire lo spazio, quello vissuto, quello a
disposizione, quello che va conquistato, quello che va gestito,
deve appropriarsi gradualmente del concetto di intervallo,di
durata, di velocità.
In primo luogo queste abilità non
sono scontate, un bambino in prima elementare non percepisce
bene lo spazio, a volte “non vede gli ostacoli” rappresentati da
altri corpi, anche se evidenti come sedie e banchi, spesso
inciampa, si scontra con i compagni, molti pensano alla
distrazione, in realtà non ha piena consapevolezza dello spazio
pieno e vuoto e spesso è impacciato nei movimenti anche per
questo.
Anche quando un alunno sistema il
materiale scolastico sul banco,dimostra la stessa difficoltà, è
completamente ingombro di oggetti tanto da non poter lavorare,
nonostante ciò non comprende che deve fare spazio al quaderno,
deve fare spazio alle sue braccia e che gli oggetti devono
trovare una giusta collocazione nello spazio a disposizione.
Questa caratteristica si rivela in
palestra, quando di fronte ad un grande spazio, gli alunni,
lasciati liberi di giocare, anziché “occuparlo tutto” come
sarebbe naturale, si addossano tutti in fondo alla stanza, o in
un angolino, ma sempre insieme, si allontanano un po’ ma si
ritrovano vicini. Sono intimoriti dal grande spazio che non
sanno gestire e ne hanno paura.
Sui quaderni la fatica di gestire lo spazio è più evidente,
alcuni occupano tutto lo spazio a disposizione per eseguire un
lavoro, e magari riservare un angolino per il disegno,altri
invece non rispettano le pause tra parole e numeri e segni.
Per aiutare gli alunni a
rappresentarsi la forma dinamica del proprio corpo in relazione
agli spazi circostanti, è stato proposto in palestra, il gioco
classico de “I 4 cantoni”, ma con delle varianti:
al centro c’è un cacciatore e nei quattro angoli ci sono gruppi
di alunni che rappresentano 4 squadre di animali ( es. aquile,
orsi, ecc…) che il cacciatore deve acchiappare quando le squadre
si scambiano di posto in diagonale, in verticale o in linea
retta. Il gioco permette così a tutti gli alunni della classe di
giocare contemporaneamente, di comprendere le regole ed
osservarle ma soprattutto di conquistare insieme ai compagni lo
spazio della palestra che il corpo percepisce e che bisogna
gestire, senza cadere, inciampare e farsi male.
Un aiuto che potete dare ai bambini è
quello di permettere loro di giocare liberamente in spazi
aperti, poichè in questo modo tendono ad appropriarsi dello
spazo e diventano meno impacciati nei movimenti.
Le vacanze di Pasqua, hanno
rappresentato un meritato periodo di riposo per gli alunni,
molto impegno è stato richiesto loro nel periodo antecedente.
Molte attività di matematica sono
state svolte cercando di stimolare la riflessione logica sul
modo di operare, nell’ eseguire calcoli mentali e scritti
relativi all’addizione ed alla sottrazione,; gli alunni durante
le esercitazioni, hanno rilevato la diversità operativa delle
due operazioni e delle proprietà di ciascuna.
Nell’ambito dei problemi è stata
sollecitata la riflessione e la “spiegazione” logica della
procedura risolutiva, attraverso una discussione di gruppo che
ha poi permesso di scegliere la soluzione più congrua rispetto
ad un’altra. Gli alunni non sono molto entusiasti quando si
cerca di sollecitare pensieri personali, o riflessioni, perché
questo li spinge “a mettersi in gioco” uscire allo scoperto,
fare degli errori di valutazione, ipotizzare soluzioni diverse
da quelle dei compagni o magari simili, ma arricchite da una
spiegazione più efficace. Per gli alunni è molto più
rassicurante stare al loro posto, copiare dalla lavagna quel che
fa la maestra, o un compagno magari “più bravo” o meno timoroso,
accontentarsi di ascoltare ed accettare acriticamente la
soluzione proposta. Personalmente, anche prendendo in
considerazione la timidezza, le ansie ed i timori dei piccoli
alunni, si deve cercare, compatibilmente con gli stati d’animo
e le caratteristiche peculiari di ciascuno, di sollecitare l’
interazione con il gruppo, di stimolarli ad offrire il personale
contributo anche se sbagliato, di affrontare il quesito proposto
cercando nel proprio piccolo una soluzione possibile, è questa a
mio parere la forma di apprendimento più efficace possibile.
Questi due mesi di scuola che
restano, saranno dedicati a potenziare la capacità di
apprendere che non è un processo automatico ma costruito,
per permettere agli alunni di raggiungere una certa autonomia
operativa ed uno stile di apprendimento.
Periodicamente gli alunni sono
sottoposti individualmente o in coppia a risolvere problemi, ad
affrontare compiti o richieste, obiettivi da raggiungere, a
materiali da predisporre, a portare a termine un compito
assegnato gestendo anche il tempo a disposizione. Questo
implica anche una certa capacità di ascolto ed
attenzione, nonché una capacità di concentrazione che
non è automatica ma voluta e perseguita. Questo si scontra con
una crescente irrequietezza emotiva dei bambini, una ridotta
disponibilità a soffermarsi sugli stimoli dell’insegnante, una
superficialità nell’esecuzione di un lavoro.
Si deve perciò insistere
sulla perseveranza, sulla capacità di far fatica per superare la
deconcentrazione, la stanchezza e la demotivazione per
orientarsi sull’obiettivo da raggiungere, il saper creare
collegamenti tra i nuovi contenuti con l’esperienza e le
conoscenze precedenti.
Qualcuno potrà obiettare che sarebbe
troppo bello se ciò avvenisse, e che gli alunni dopotutto sono
troppo piccoli per destreggiarsi in tutte queste richieste.
In modo provocatorio si obietta che
gli alunni imparano molto presto cattive abitudini e cattivi
comportamenti che se non corretti si consolidano, non si capisce
perché non bisogna insegnare uno stile di apprendimento,
abitudini e comportamenti positivi, e garantire loro un percorso
di studi più efficace che peraltro hanno l’effetto di
consolidarsi allo stesso modo di quelli negativi. Il nostro
lavoro consiste proprio in questo, rinunciarvi significa privare
gli alunni di opportunità di crescita significative.
Tre sono i fattori che giocano
nell’apprendimento( e che sono oggetto della valutazione) e di
cui l’insegnante deve tenere sempre in considerazione:
-La
caratteristica personale di ciascun alunno nel proprio modo di
apprendere (le abilità che possiede,la predisposizioni personali
verso una particolare disciplina, ..)
-L’individuazione
del compito e delle sue richieste, e/o difficoltà
-La
conoscenza delle strategie da mettere in atto per portare a
termine il compito assegnato.
Gli insegnanti guidano gli alunni nel
processo di apprendimento cercando di:
-rilevare le difficoltà incontrate in
un compito e cercando insieme agli alunni, di individuare le
strategie per superarle
-incoraggiano la discussione per far
emergere il modo di procedere in un’azione o in un ragionamento
e comprendere le ragioni dell’errore e delle difficoltà
-aiutano a riflettere su quanto si
apprende, sui propri comportamenti e sugli stati emotivi.
-incoraggiano uno stile di ricerca,
di progressiva scoperta, degli argomenti.
E’ questo in parte il patto educativo
che si crea e che si concretizza in un rapporto di insegnamento
che si pone come obiettivo la crescita degli alunni.
L’argomento di studio che stiamo
affrontando in questo periodo riguarda i cinque sensi.
E’ un argomento molto importante in quanto noi conosciamo il
mondo che ci circonda attraverso i cinque sensi ovvero
attraverso le percezioni sensoriali che inviamo al cervello.
L’argomento ha suscitato immediatamente la curiosità degli
alunni, e attraverso esempi pratici e sperimentazioni dirette,
abbiamo:
- imparato a riconoscere le sensazioni gustative-olfattive:
dolce- salato, amaro- acido, piccante, insapore di alcuni
alimenti collegati o meno ad odori più o meno gradevoli o
sgradevoli;
- imparato a riconoscere gli oggetti al tatto: liscio, ruvido,
freddo, caldo, leggero.... A classificare gli oggetti tenendo
conto del materiale di cui sono fatti;
- imparato a riconoscere attraverso il canale uditivo gli eventi
sonori prodotti dagli oggetti o da persone. A riconoscere i
versi degli animali;
- imparato con la vista a riconoscere ed a classificare gli
oggetti in base al colore, forma, grandezza, spessore, a
rilevare negli oggetti la trasparenza, l’opacità …….
Dopo aver analizzato
attentamente i cinque sensi, aggiungeremo il senso cinestesico
cioè il linguaggio non verbale del corpo, che in un rapporto di
comunicazione non riguarda il significato letterale delle parole
che compongono il messaggio stesso, ma che riguardano la
comunicazione non parlata tra persone.
Secondo i linguisti più del 90% della nostra comunicazione
giornaliera è infatti non-verbale.
È quindi un contributo enorme al linguaggio verbale e, dal
momento che la comunicazione è strettamente ambivalente,
possiamo facilmente comprendere quanto sia più grande il rischio
di non capire quando si è al telefono piuttosto che quando si
parla faccia a faccia.
L’efficacia di un messaggio dipende
quindi solamente in minima parte dal significato letterale di
ciò che viene detto, e il modo in cui questo messaggio viene
percepito è influenzato pesantemente dai fattori di
comunicazione non verbale.
Oltre all’arricchimento lessicale che ne è derivato, attraverso
lo studio di questo argomento è emersa da parte dei bambini una
maggiore consapevolezza nel riconoscere eventi e situazioni
reali che si originano utilizzando i canali sensoriali,
l’attività si concluderà con una scheda sulle espressioni del
volto quando esprimono i sentimenti più comuni.