Sentimenti/comportamenti

 

Durante una lezione di religione mi è capitato di presentare una scheda dalla quale colorando delle porzioni di spazio, emergeva una colomba (che nella simbologia religiosa rappresenta la pace): nella parte interna del corpo di trovavano gli aggettivi che qualificavano i sentimenti positivi, mentre all’esterno c’erano porzioni di spazio che contenevano gli aggettivi che qualificavano i sentimenti negativi.

Gli alunni mi hanno posto molte domande specialmente per quei sentimenti di cui non conoscevano il significato, quale ad esempio la superbia, l’invidia, l’egoismo ecc…

Ne è venuta fuori una discussione sui diversi tipi di sentimenti e su come e quando si manifestano; gli alunni erano molto attenti. Non basta ovviamente elencare i sentimenti buoni e quelli negativi per permettere agli alunni di riconoscerli, ogni volta che questi sentimenti si manifestano bisognerebbe parlarne e discuterne in classe, soffermarsi anche su quei comportamenti che sono la manifestazione e/o la rappresentazione di quei sentimenti. Bisognerebbe educare gli alunni a riconoscere i sentimenti per averne consapevolezza, per saperli gestire ed eventualmente controllare.

 Non è semplice, spesso neanche gli adulti ci riescono, tuttavia poiché la scuola è una comunità dove interagiscono individualità uniche che portano in classe stili di comportamento familiare e sociale e modi di essere molto diversificati , è proprio in questa sede che si dovrebbe fare educazione al saper vivere all’interno di una comunità, che rappresenta in piccolo, il luogo della comunità più vasta che è il paese, la città, il mondo.

 

Le emozioni negative quindi non vanno soffocate ma discusse, spiegate.

Tra le emozioni negative che si possono verificare ogni giorno, sicuramente vi è la frustrazione che emerge quando un bambino non riesce a svolgere un compito e, collegato a questo nascono altre problematica come la disistima., la non accettazione dell’errore, ... Sono anche sentimenti legati alla competizione e alla voglia di prevalere su altri e che si percepiscono come inferiori o inadeguati.

Sono tanti i sentimenti che emergono ogni giorno e che io leggo sul volto dei miei alunni. Tuttavia considero che anche se complessivamente i loro comportamenti non abbiano mai avuto manifestazioni esagerate, alcuni modi di fare, vanno mediati, discussi in classe per evitare che sfocino in veri e propri comportamenti aggressivi.

A tale proposito, riporto un episodio accaduto in classe, in cui una bambina in modo spontaneo ha realizzato tante barchette di carta per i suoi compagni; mi ha sorpreso la cura con la quale ha preparato l’omaggio.

Mi ha fatto venire in mente "il calumet della pace" che gli indiani si passavano seduti in cerchio davanti a un fuoco: serviva a rinsaldare l’amicizia, a sottolineare il legame con il gruppo, a dimostrare l’ accettazione dell’altro.

Dopo aver ricevuto il regalo, ho discusso con gli alunni facendoli riflettere che comunque il gesto simbolico era positivo e che era stato accolto come una attestazione di amicizia e interesse verso i compagni, ma questo non significava assolutamente che i conflitti con i compagni e la quotidianità del vivere insieme si potevano risolvere con quel semplice gesto.

 

 

E’ un passo verso l’altro certamente, ma non bisogna dimenticare che all’interno di una comunità i conflitti sono normali, i sentimenti di rabbia, frustrazione, invidia, gelosia, sono parte di noi, solo che bisogna imparare a gestirli, vanno portati alla loro consapevolezza in modo da permettere l’ autoregolazione.
A questo proposito riporto gli stralci di Daniel Goleman uno psicoterapeuta che ha scritto ”L’intelligenza emotiva”.

In questo libro Daniel Goleman illustra per la prima volta il concetto di "intelligenza emotiva" (o intelligenza emozionale) come la capacità fondamentale di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di riuscire a immedesimarsi nell'altro in un processo detto "empatia" in modo da riconoscerne intenzioni ed esigenze, di riuscire ad elaborare risposte "competenti" da un punto di vista emotivo. L'intelligenza non è data solo da quello che sappiamo fare o che riusciamo a comprendere: un fattore decisivo è il riuscire ad interagire con gli altri per utilizzare al meglio le nostre possibilità. Senza questa decisiva caratteristica l'intelligenza può essere sfruttata solo in parte per farsi largo nella vita.
L'intelligenza è una complessa miscela in cui giocano un ruolo predominante fattori come l'autocontrollo, la perseveranza, l'empatia e l'attenzione agli altri.

In breve, è l'“intelligenza emotiva”: quella particolare forma di intelligenza che ha consentito ai nostri lontani progenitori di sopravvivere in un ambiente ostile e di elaborare le strategie che sono alla base dell'evoluzione umana, e che può aiutare tutti noi ad affrontare un mondo sempre più complesso, violento, difficile da decifrare. L'intelligenza emotiva consente di governare le emozioni e guidarle nelle direzioni più vantaggiose; è la capacità di capire sentimenti degli altri al di là delle parole; spinge alla ricerca di benefici duraturi piuttosto che al soddisfacimento degli appetiti più immediati. L'intelligenza emotiva si può apprendere e perfezionare: imparando a riconoscere le emozioni proprie e quelle degli altri. Questo nuovo linguaggio delle emozioni si potrà così insegnare ai bambini, rimuovendo alla radice le cause di molti e gravi possibili squilibri dell'età evolutiva.

In Italia si percepiscono i primi segnali ammonitori di un'alienazione sociale e di una disperazione individuale che, se non controllati, potrebbero un giorno portare a lacerazioni più profonde del tessuto sociale.

Nei paesi europei, la tendenza generale della società è verso un'autonomia sempre maggiore dell'individuo, che a sua volta porta a una minor disponibilità alla solidarietà e a una maggiore competitività (che a volte può diventare brutale, come si comincia a constatare negli ambienti universitari e in quelli di lavoro); tutto questo si traduce in un aumentato isolamento e nel deterioramento dell'integrazione sociale. Questa lenta disintegrazione della comunità, insieme a uno spietato atteggiamento di autoaffermazione fanno la loro comparsa in un momento in cui le pressioni economiche e sociali richiederebbero piuttosto un aumento della cooperazione e dell'attenzione verso gli altri e non certo una riduzione di tale disponibilità.
Insieme a questa atmosfera di incipiente crisi sociale, ci sono anche i segni di un crescente malessere emozionale, soprattutto fra i bambini e i giovani. Ciò che colpisce in modo particolare è l'impennata della violenza fra gli adolescenti; si pensi al giovane che massacrò i genitori a martellate per ereditare il loro patrimonio, o al gruppo di adolescenti che uccisero un amico per derubarlo e passare un fine settimana al mare

Questa tendenza, insieme al generale aumento di atti violenti privi di senso - soprattutto omicidi di donne e bambini - contribuisce a completare un quadro molto triste dal quale emerge che, fra i paesi industrializzati, l'Italia è seconda solo agli Stati Uniti per la frequenza di omicidi. Tutto questo indica che alcuni minorenni italiani stanno avviandosi all'età adulta con gravi carenze relative all'autocontrollo, alla capacità di gestire la propria collera, e all'empatia.
Aggiungete a questo crescente clima di violenza il fatto che l'Italia, come gli altri paesi del mondo industrializzato, sta sperimentando un aumento dell'incidenza della depressione che ha costantemente interessato tutto il nostro secolo.
In Italia come altrove, l'infanzia non è più quella di un tempo. I genitori, rispetto ai loro padri e alle loro madri, sono oggi molto più stressati e sotto pressione per le questioni economiche e costretti a un ritmo di vita assai più frenetico; dovendosi confrontare dunque con una nuova realtà, hanno probabilmente un maggior bisogno di consigli e di guide per aiutare i propri figli ad acquisire le essenziali capacità umane.
Tutto questo suggerisce la necessità di insegnare ai bambini quello che potremmo definire l'alfabeto emozionale - le capacità fondamentali del cuore.
Come negli Stati Uniti, anche in Italia le scuole potrebbero dare un positivo contributo in tal senso introducendo programmi di “alfabetizzazione emozionale” che - oltre alle materie tradizionali come la matematica e la lingua - insegnino ai bambini le capacità interpersonali essenziali. (Magari dotando la scuola del famigerato supporto psico-pedagogico scritto sulla carta ma inesistente e che lascia gli insegnanti alle prese con problematiche alle quali non sanno e non possono risolvere.  Nota personale)

Oggigiorno queste capacità sono fondamentali proprio come quelle intellettuali, in quanto servono a equilibrare la razionalità con la compassione. Rinunciando a coltivare queste abilità emozionali, ci si troverebbe a educare individui con un intelletto limitato: un timone troppo inaffidabile per navigare in questi nostri tempi, soggetti a mutamenti tanto complessi. Mente e cuore hanno bisogno l'una dell'altro. Oggi è proprio la neuroscienza che sostiene la necessità di prendere molto seriamente le emozioni. Le nuove scoperte scientifiche sono incoraggianti. Ci assicurano che se cercheremo di aumentare l'autoconsapevolezza, di controllare più efficacemente i nostri sentimenti negativi, di conservare il nostro ottimismo, di essere perseveranti nonostante le frustrazioni, di aumentare la nostra capacità di essere empatici e di curarci degli altri, di cooperare e di stabilire legami sociali - in altre parole, se presteremo attenzione in modo più sistematico all'intelligenza emotiva - potremo sperare in un futuro più sereno.